L’Europa della Birra

L’Europa della Birra

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In Europa la birra è lo specchio del territorio.

I cereali e le varietà di luppolo, i minerali che caratterizzano l’acqua e i lieviti, contraddistinguono in modo incisivo e riconoscibile la birra prodotta in specifici luoghi. L’esperienza dei mastri birrai che nei secoli hanno tenuto conto degli ingredienti, dell’andamento delle stagioni, delle temperature di fermentazione e di altri fattori ambientali (oltre che culturali) hanno costituito quello che oggi conosciamo come il panorama birrario europeo, imitato in tutto il mondo.

In Europa hanno avuto origine molti dei più apprezzati stili birrari, oggi diffusi globalmente. Molti di questi sono nati nella cosiddetta “Fascia della Birra” europea, un’area compresa tra l’Europa settentrionale e il Regno Unito dove la birra è, per tradizione, la bevanda più diffusa e più amata. Inghilterra, Belgio e Germania contraddistinguono quest’area, anche se altri Paesi hanno fornito un importante contributo, come ad esempio la Francia, la Finlandia (birra sahti), la Svezia (birra gotlandsdrika) e la Norvegia (con la stagionale juleØl).

Dal Neolitico ai Romani

La coltivazione di cereali iniziò nel Nord Europa nel Neolitico (7000-3000 a.C.). Questo significa che circa 9000-5000 anni fa le comunità di quelle zone impararono a coltivare i cereali, ad allevare il bestiame, sviluppando utensili per macinare e lavorare questi semi, scoprendo come farli fermentare.

Nel IV secolo a.C. quando i Greci conquistarono l’Egitto, la birra divenne popolare in gran parte nel nostro Continente. È un dato storico che i Greci, e in seguito i Romani, consideravano la birra inferiore al vino, tuttavia quando le legioni romane venivano a trovarsi in territori dove era impossibile trovare vino, queste si attivavano per produrre birra da distribuire tra i soldati.

Il Medioevo: lo sviluppo della birra dai monaci ai mercanti

La caduta dell’Impero Romano segnò un importante cambiamento di rotta per la birra. Nel Medioevo, infatti, l’ascesa della Chiesa Romana fece sì che molte conoscenze e metodi di birrificazione fossero trasferiti all’interno dei monasteri, quando in precedenza erano le donne in casa a produrle. I monaci iniziarono a tener per loro la birra più alcolica mentre davano quella con gradazione più bassa ai pellegrini e ai viandanti . La vendita della birra serviva spesso per raccogliere fondi per la Chiesa, per pagare le tasse e comprare le merci divenendo quindi uno strumento economico importante. Tra il 1000 e il 1300 d.C., l’affermarsi del ceto dei mercanti riportò la produzione della birra fuori dai luoghi di culto. Questo comportò non pochi problemi, come ad esempio le fiamme usate per i processi di birrificazione, che spesso diventavano letali. Da questo contesto nacquero i birrifici collettivi che diedero vita ad una produzione più professionale, che portò i birrai a diventare anche politicamente influenti.

Un prodotto che nei secoli diventa utile su più fronti. Si pensi agli olandesi e agli inglesi – esperti navigatori – che portavano la birra con loro, con un duplice ruolo: di sostentamento per i lunghi viaggi dei marinai, ma anche perché era un bene prezioso da esportare. Quella prodotta con grano e orzo robusti e particolarmente luppolata si dimostrò particolarmente adatta ai lunghi viaggi in mare.

Grazie alla Lega Anseatica (un’alleanza di mercanti marittimi molto potente) la birra e la sua produzione divennero un affare ampiamente redditizio, dando ad Amburgo un ruolo particolarmente strategico nel fornire le materie prime. È proprio in Germania che, nel 1516, fu emesso L’Editto della Purezza che aveva l’intenzione di regolamentare la produzione della birra, imponendo ai birrifici di utilizzare esclusivamente acqua, orzo e luppolo (il lievito diventerà il quarto ingrediente alcuni secoli dopo).

La città di Amsterdam, invece, portò la birra luppolata in Bretagna e successivamente nelle colonie americane, regalando all’intera regione un’età d’oro (1600-1690).

Un cuore pulsante

Nel 1829, durante la fase di espansione dell’Impero Britannico, venne alla luce la prima IPA (India Pale Ale), destinata ai soldati e agli espatriati in India. In Inghilterra invece il prodotto noto come Porter cadde in disgrazia a causa della gravosa tassazione di grano e luppolo.

L’industrializzazione e l’immigrazione hanno contribuito alla diffusione della birra, eleggendo Lager come lo stile birrario tutt’oggi più diffuso a livello mondiale. L’Europa si caratterizza per alcune solide preferenze birrarie che confluiscono negli stili: Stout e Porter, scure e leggere, in Irlanda; le Pale Ale in Inghilterra; le Pils in Repubblica Ceca; le Saison e Lambic in Belgio.

Tutt’oggi l’Europa riveste un ruolo globale nel mondo della birra, basti pensare che le principali aziende produttrici al mondo sono europee. Un contesto dinamico e curioso che ha favorito anche lo sviluppo delle birre artigianali, spesso ispirate a ricette antiche e a processi tramandati nei secoli e dal sapore tutto europeo.

Negli ultimi anni i consumatori si stanno orientando verso bevande con un minor contenuto di alcol e con una provenienza trasparente, come ha commentato The Brewers of Europe, e qui la birra gioca un ruolo centrale grazie anche alla varietà di stili e di sapori che può offrire e alla tracciabilità delle materie prime. La birra Made in Europe, infatti, ci regala un ventaglio di stili davvero ampio capace di soddisfare le differenti tipologie di consumo (sempre responsabile), a casa e fuori casa.

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